Le Torbiditi dell'Appennino Settentrionale
Pagina realizzata da Flavio MilazzoLe torbiditi dell’Appennino Settentrionale sono rappresentate da depositi silicoclastici Oligo-Miocenici.
Questi depositi prendono il nome di "Flysch", termine che sta ad indicare tutti quei sedimenti silicoclastici derivanti da una catena che emerge e viene smantellata.
La configurazione della catena appenninica durante gli stadi collisionali finali era identificata principalmente da tre zone: catena, avanfossa e avampaese (Fig.1).
Fig. 1: sistema catena-avanfossa-avampaese. (da Flavia botti)
In ognuna di queste zone di instaurano bacini di sedimentazione prevalentemente torbiditica.
Nella catena si trovano bacini interni (post-orogenici) inattivi tettonicamente, sul fronte della catena troviamo bacini frontali (sin-orogenici e con una tettonica attiva) di Wedge top e Piggy-back ed infine, tra catena ed avampaese, parallelamente al fronte della catena è situata l’avanfossa, un bacino lungo e profondo caratterizzato da tettonica molto attiva.
La principale differenza tra bacini di Wedge-top e Piggy-back è il tipo di substrato sul quale si instaurano, infatti i primi sono posizionati solitamente sulle unità alloctone, mentre i Piggy-back hanno un substrato rappresentato da vecchi depositi di avanfossa implicati nella catena.
L’avanfossa presenta una sezione asimmetrica con scarpata più ripida verso la catena e scarpata più dolce verso l’avampaese.
Per quanto riguarda la sedimentazione, nell’avampaese sommerso abbiamo depositi pelagici o neritici, mentre nell’avanfossa e nei bacini di Wedge-top e Piggy-back la sedimentazione è torbiditica. L’avanfossa appenninica migra da W verso E "trascinata" dalla catena che si sposta in tale direzione: questo è documentato dall’età dei flysch, più vecchi nelle parti interne della catena e via via più giovani andando verso le porzioni esterne.
Nell’Appennino Settentrionale sono presenti due tipologie di Flysch che si differenziano dal tipo di substrato sul quale si sedimentano:
- i flysch più vecchi (Cretaceo-Eocene) delle Unità Liguri si sedimentano su crosta oceanica e sono legati alle fasi si subduzione della crosta oceanica del bacino Ligure-Piemontese (Fig.2a),
- i flysch più giovani (Oligocene-Miocene) delle unità Toscane e Umbro-Marchigiane hanno un substrato continentale (placca Apula) e sono legati alla fase di collisione continentale tra Africa ed Europa durante il quale è attiva la subduzione della placca apula sotto quella europea (Fig.2b).
Fig. 2a-2b: Fig. 2: depositi torbiditici dell’Appennino Settentrionale:
a) Flysch ad Elmintoidi affiorante nei pressi di Solignano, appartenente ai flysch più vecchi.
b) Macigno dell’Appennino Tosco-Emiliano nei pressi di Pontremoli, esempio dei flysch di età più giovane. (Foto di Flavio Milazzo)
Quest’ultimi depositi sono rappresentati dalle seguenti formazioni: Macigno, Arenarie di Monte Modino, Arenarie di Monte Cervarola e Formazione Marnosa-Arenacea (Fig.3).
Fig.3: carta geologica dei depositi torbiditici nell’Appennino Settentrionale. (da Flavia botti)
Tutti i depositi deposti su crosta continentale rappresentano il riempimento di bacini frontali e avanfossa, in particolare i depositi del Macigno sono tipici di avanfossa,mentre le Arenarie di Monte Modino e Monte cervarola si sedimentano in bacini di wedge-top.Dall’analisi delle correnti (contro impronte di corrente, flute casts) si nota che queste presentano prevalentemente direzioni variabili da N100 e N130 (Fig.4), ciò sta ad indicare che le correnti torbiditiche arrivavano da tali direzioni al fronte della catena (Fig.5).
Fig.4: distribuzione delle impronte di corrente dei depositi torbiditici dell’Appennino Settentrionale. (da Flavia botti)
Fig.5: Schema della morfologia del sistema avanfossa-catena con provenienza delle correnti torbiditiche dai quadranti nord-occidentali. (da Flavia botti)
Per questo motivo le aree sorgenti di questi depositi sono da ricercarsi nell’adiacente catena Alpina che a partire dall’Oligocene inferiore era caratterizzata da sollevamento ed erosione.
Le analisi petrografiche condotte sui depositi Oligo-Miocenici dell’Appennino Settentrionale hanno messo in luce che questi sono costituiti da frammenti di rocce plutonico-gneissiche e metamorfiche.
In particolare gli autori hanno collocato le aree sorgenti del Macigno e delle arenarie del M. Modino nella catena alpina corrispondente alla zona di Ivrea-Verbano, in cui affioravano essenzialmente le rocce del basamento cristallino Sudalpino.
In generale i flysch Oligo-Miocenici dell’Appennino Settentrionale sono di notevole interesse per la ricostruzione dell’evoluzione della catena in quanto la loro sedimentazione è strettamente legata con la strutturazione della catena stessa nelle sue fasi collisionali e post-collisionali.
Dall’analisi petrografica delle arenarie che costituiscono i flysch si sono potuti differenziare due tipologie (Fig.6):
- Un trend, nel macigno, caratterizzato da un generale e progressivo arricchimento di frammenti litici metamorfici e decremento di frammenti vulcanici spostandoci dalla parte bassa a quella più alta della successione;
- Un trend con progressivo arricchimento dei frammenti litici sedimentari (carbonatici) passando dal Macigno attraverso le Arenarie di Monte Cervarola fino alla formazione Marnosa Arenacea.
Fig.6: Diagramma rappresentativo delle variazioni composizionali tra i vari tipi di arenarie che costituiscono i Flysch dell’Appennino Settentrionale. (da Flavia botti)
Una possibile interpretazione di questi dati può essere data dalla progressiva migrazione verso est dell’area sorgente delle alpi, in relazione alla traslazione del sistema catena-avanfossa- avampaese Appenninico verso i quadranti orientali.
Bibliografia
Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da:
- I Depositi Silicoclastici Oligo-Miocenici dell'Appennino Settentrionale: Ricostruzione paleogeografica e significato geodinamico nel quadro dell'orogenesi Appenninica. Favia Botti