Le Carbonatiti

Definizione e classificazione

Le carbonatiti furono descritte per la prima volta da Bose (1884) nella zona della valle di Narbada, in India. I primi lavori riguardanti queste rocce risalgono però al 1895, qiuando Högbohm studiò e descrisse le carbonatiti di Alnö, in Svezia, e al 1921 quando Brøgger studiò quelle affioranti nel complesso di Fen in Norvegia. Brøgger fu il primo a proporre un’origine magmatica per queste strane rocce. L’ipotesi non venne vista di buon occhio dalla comunità scientifica, soprattutto dai geologi Reginald Daly (1933) e James Shand (1943), che ritenevano questi "carbonati ignei", come li definivano, degli xenoliti di materiale sedimentario termo-metamorfosato. L’ipotesi di una derivazione magmatica delle rocce carbonatitiche rimase in bilico fino al 1960, quando Wyllie & Tuttle, dimostrarono sperimentalmente che la calcite può cristallizzare da un magma a temperature di circa as ∼650°C e pressioni di 0.1 GPa. questo esperimento dette il colpo di grazia alla teoria degli "xenoliti sedimentari"; il tutto fu poi ulteriormente confermato dalla scoperta dell’unico vulcano carbonatitico noto, l’Oldoinyo Lengai in Tanzania (Guest 1956, Dawson 1962).

Secondo la IUGS le carbonatiti sono definite come: "rocce ingee composte da più del 50 di carbonati primari (magmatici) e contenenti meno del 20% di silice". (Le Maitre 2002). A seconda del carbonato dominante, le carbonatiti possono essere suddivise (Fig.1 a) in calcio-carbonatiti, dolomite-carbonatiti o ferro-carbonatiti (in cui il carbonato è ricco in Fe). Se sono presenti più fasi carbonatiche, questi sono riportati in ordine di abbondanza.

Se la classificazione modale non può essere utilizzata, la IUGS raccomanda l’utilizzo della classificazione su base chimica (Fig.1 b). questa classificazione si base sul wt% dei vari carbonati, e suddivide le carbonatiti in: calcio-carbonatiti CaO/(CaO + MgO + FeO + Fe2O3 + MnO) > 0.8; magnesio-carbonatiti [MgO > (FeO + Fe2O3 + MnO)]; ferro-carbonatiti [MgO < (FeO + Fe2O3 + MnO)] (Woolley and Kempe 1989; Le Maitre 2002). Se la SiO2 supera il 20% la roccia prende il nome di silico-carbonatite. Le natro-carbonatiti invece sono un particolare gruppo di rocce, tipiche dell’Oldoinyo Lengai, caratterizzate da particolari carbonati di Na-K-Ca come nyerereite e gregoryite.

Gittins e Harmer (1997) hanno introdotto anche il termine calcio-carbonatiti "ferruginose" (ferruginous calciocarbonatites). Il limite che separa le calcio-carbonatiti e le magnesio-carbonatiti da quelle ferruginose è stato impostato a 0.75. Questo termine, non del tutto accettato, è spesso largamente utilizzato nello studio dei depositi minerari associati alle carbonatiti.

Una classificazione mineralogico-genetica è stata recentemente proposta da by Mitchell (2005). Secondo Mitchell, la classificazione della IUGS è troppo limitata e restrittiva. Questa classificazione suddivide le carbonatiti in: carbonatiti primarie (magmatiche) e residui carboidrotermici (carbohydrothermal residua). I residui carboidrotermici sono dei precipitati idrotermali che si sviluppano a temperature si sub-solidus da fluidi ricchi in CO2 e H2O.

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Fig.1: a) Classificazione delle carbonatiti in accordo alla IUGS (Le Maitre 2002). b) classificazione basata sulle proporzioni modali Gittins e Harmer (1997). C/CMF è il rapporto modale CaO/[CaO + MgO + FeO* + MnO]; FeO*. Immagine tratta da Simandl, G. J., & Paradis, S. (2018).



Origine delle carbonatiti

Le principali ipotesi sull’origine delle carbonatiti sono tre:

(1) Immiscibilità e separazione di fusi carbonatitici da fusi silicatici all’interno del mantello o della crosta.
(2) Cristallizzazione frazionata di un magma silicatico ricco in carbonati (magmi melilititici o kamafugitici).
(3) Fusione parziale di un mantello carbonatato al di sotto del 70 km di profondità.

Un un recente studio basato sugli isotopi di boro delle carbonatiti in tutto il mondo suggerisce che, sebbene la maggior parte delle carbonatiti possa avere un’origine mantellica, le carbonatiti più giovani (< 300 My) probabilmente deriva da materiale crostale parzialmente subdotto. (Hulett et al. 2016).Tuttavia, indipendentemente dalla loro genesi, la maggior parte dei geologi concorda sul fatto che gli alcali giuocano un ruolo fondamentale nella formazione delle carbonatiti. L'importanza degli alcali nella genesi delle carbonatiti è coerente con gli studi sulle lave natrocarbonatitiche a bassa temperatura (< 600°C) dell’Ol Doinyo Lengai. Queste lave contengono il 38-40% di Na2O + K2O, 4,5% di F, 5.7% di Cl, 15% di Ca e 1% di Fe + Mg. Le evidenze petrografiche e geochimiche sulle carbonatiti estrusive, così come sulle carbonatiti intrusive, suggeriscono che le calcio-carbonatiti e le magnesio-carbonatiti sia dei residuati o cumulati derivanti da magmi fortemente alcalini.

Assetto tettonico

La maggior parte delle carbonatiti e dei complessi carbonatitici si rinvengono in contesi continentali cratonici (88%) e non-cratonici (10.5%). In questi contesti le carbonatiti si rinvengono intruse in rocce Archeane, Proterozoiche e Fanerozoi-che (Fig.2).

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Fig.2: Distribuzione globale delle carbonatiti. Immagine tratta da Liu, Y., & Hou, Z. (2017).


Le carbonatiti si formano in contesti tettonici estensivi, lungo i principali linea-menti tettonici e zone di taglio, in associazione con strutture di doming crostale o nelle zone di arco tettonico. Il legame tra queste strutture tettoniche, e l’intesa at-tività magmatica associata, indica che le carbonatiti sono strettamente legate alle grandi provincie ignee. Le carbonatiti sono note solo in tre contesti di isole oceaniche: 1) isole canarie, 2) isole di Capo Verde e 3) isole Kerguelen; tutte e tre localizzate al largo delle coste africane.

Rocce associate alle carbonatiti

Praticamente tutte le carbonatiti sono associate a complessi alcalini; sono il 24% delle carbonatiti del mondo non è direttamente legata a questi complessi. Le car-bonatiti sono comunemente associate a rocce particolari come melilititi, ijoliti, ur-titi e rocce ultrabasiche. Le relazioni genetiche tra le carbonatiti e queste partico-lari rocce sono estremamente complesse e non del tutto chiare. Capire se i magmi carbonatitici, e gli associati magmi silicatici alcalini, derivino dal frazionamento di uno stesso magma parentale o se abbiano invece origini indipendenti, rimane una delle più grandi sfide della petrologia delle carbonatiti.

Una particolare tipologia di rocce, economicamente molto importanti, associate alle carbonatiti sono le Fosforiti (Phoscorite). Secondo la definizione della IUGS le fosforiti sono: "rocce a magnetite, olivina e apatite, comunemente associate alle carbonatiti". Questa definizione, secondo molto autori è molto limitante in quanto spesso l’olivina viene completamente sostituita da serpentino o altre fasi. Una definizione più appropriata deriva dalla letteratura russa secondo cui le fosforiti sono: "rocce plutoniche ultrabasiche costituite da magnetite, apatite e minerali sialici quali olivina, diopside o flogopite". (Yegorov 1993; Krasnova et al. 2004). Il termine fosforite deriva originariamente da una compagnia mineraria, la Phosphate Development Corporation, che estrae fosforo dal complesso carbonatitico Phalaborwa in Sud Africa.

Metasomatismo alcalino

La maggior parte delle carbonatiti sono associate ad aureole metasomatiche. Que-ste zone di alterazione sono dovute alla forte circolazione di fluidi alcalini. Tali processi di alterazione sono generalmente definiti come "fenitizzazione" o "meta-somatismo di tipo fenitico". La fenitizzazione è un tipo di metasomatismo che implica l’aggiunta di Na, K, Fe3+, ± Ca, ± Al alle rocce incassanti le carbonatiti. Altri elementi che spesso vengono aggiunti sono Ba, Nb, Sr, Sc, Rb, Zn, V e REE. Questo processo porta allo sviluppo nelle rocce incassanti di anfiboli sodici e potassici, aeginrina, feldspati alcalini, nefelina, albite e miche chiare (Fig.3).

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Fig.3: Rappresentazione schematica del metasomatismo di tipo fenitico (fenitiz-zazione). La direzione di migrazione dei vari elementi è evidenziata dalle frecce nere. Sono riportati anche i minerali che si sviluppano nelle rocce incassanti. Immagine tratta da Simandl, G. J., & Paradis, S. (2018).



L’estensione e l’intensità dei processi metasomatici legati alle carbonatiti dipende da numerosi fattori come: 1) composizione chimica, temperatura e Ph dei fluidi; 2) composizione chimica e mineralogica delle rocce incassanti; 3) permeabilità e porosita delle rocce incassanti; 4) gradiente di temperatura tra la sorgente mag-matica e le rocce incassanti; 5) percentuale di fluidi circolanti; 6) durata dell’interazione tra fluidi e rocce.

Morfologia dei complessi carbonatitici

I complessi carbonatitici sono generalmente di dimensioni inferiori a 25 km2 e sono costituiti da numerose intrusioni multiple sia di magmi silicatici che di magmi carbonatitici. Le varie intrusioni che formano un complesso hanno gene-ralmente la morfologia di dicchi.

Il modello proposto da Garson e Smith (1958), per la morfologia dei complessi carbonatitici è quello più accettato e utilizzato, in quanto si adatta benissimo alla maggior parte dei complessi carbonatitici (Fig.4 a): in questo modello, le intru-sioni ijolitiche e/o nefelin-sienitiche si formano per prime, e sono successivamente tagliate da intrusioni tardive carbonatitiche. Come ultime manifestazione del magmatismo, si ha poi la messa in posto di sistemi di dicchi (cone-sheets e ring dyke) a composizione generalmente ferro-carbonatitica.

Nel tempo sono stati proposti anche altri modelli (Fig.4 b-c), come quello di Le Bas (1977, 1987), e Sage e Watkinson (1991). Il modello di Le Bas (1987) mostra in maniera più chiara le relazioni temporali tra le varie intrusioni mentre il model-lo di Sage e Watkinson (1991) enfatizza meglio le relazioni tre le rocce intrusive e quelle effusive. Nessun modello però riesce a descrivere in maniera esaustiva i vari complessi carbonatitici. Spesso si ricorre a una via di mezzo tra i vari modelli proposti.

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Fig.4: Morfologia di un complesso carbonatitico: (a) Garson e Smith (1958); (b) Le Bas (1987); e (c) Sage and Watkinson (1991). Immagine tratta da Si-mandl, G. J., & Paradis, S. (2018).



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Ferro-carbonatite ricca in calcite, ankerite e ossidi di ferro. Ice River Complex, Columbia Britannica. Immagine tratta da James St. John



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Sövite: Cristalli di calcite (bianco), cristalli di pirocloro (scuro) e cristalli di niocalite (giallo). Oka, Quebec, Canada. Immagine tratta da James St. John



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Calcio-carbonatite. Hot Spring, Arkansas, USA. Immagine tratta da James St. John



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Dicchi calcio-carbonatitici. Firesand River Carbonatite Complex, Wawa Lake, Ontario, Canada. Immagine tratta da James St. John



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Calcio-carbonatite con magnetite (scuro). Magnet Cove Carbonatite, Arkansas, USA. Immagine tratta da James St. John



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Calcio-carbonatite proveniente dalla località tipo (Søve). Complesso di Fen, Norvegia. Immagine tratta da Sand Atlas



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Fosforite ricca in magnetite (nero) e albite (bianco). kovdor, Russia. Immagine tratta da École des Mines de Saint-Étienne

Bibliografia



Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da:
• Bell, K., Kjarsgaard, B. A., & Simonetti, A. (1998). Carbonatites-into the twenty-first century. Journal of Petrology, 39(11-12), 1839-1845.
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• Liu, Y., & Hou, Z. (2017). A synthesis of mineralization styles with an integrated genetic model of carbonatite-syenite-hosted REE deposits in the Cenozoic Mian-ning-Dechang REE metallogenic belt, the eastern Tibetan Plateau, southwestern China. Journal of Asian Earth Sciences, 137, 35-79. Mitchell, R. H. (2005). Carbonatites and carbonatites and carbonatites. The Ca-nadian Mineralogist, 43(6), 2049-2068.
• Simandl, G. J., & Paradis, S. (2018). Carbonatites: related ore deposits, re-sources, footprint, and exploration methods. Applied Earth Science, 127(4), 123-152.