Harzburgite di Finero

La zona di Ivrea Verbano

La zona di Ivrea Verbano (Fig.1) rappresenta il settore più orientale delle Alpi meridionali, il quale, durante il Mesozoico, era parte del margine continentale della placca Adria, durante l’apertura della Tetide Alpina (o bacino Ligure-Piemontese). La zona di Ivrea Verbano, e l’adiacente Serie dei laghi, sono due unità litostratigrafiche che rappresentano rispettivamente porzioni di crosta profonda e intermedia. Entrambe queste unità furono interessate da un importante evento magmatico nel Permiano che ha dato luogo al vasto complesso mafico dell’Ivrea Verbano, e alla messa in posto di rocce granitiche, e associate rocce vulcaniche riolitiche, della Serie dei Laghi. Datazioni U-Pb effettuate su zirconi magmatici hanno restituito età variabili da 288 ± 2 a 282 ± 3 Ma per le rocce vulcaniche e 289 ± 3 to 275 ± 5 Ma per i graniti della Serie dei Laghi ed età comprese tra 289 ± 3 e 286 ± 6 Ma per i gabbri dell’Ivrea Verbano. Le età molto ravvicinate delle rocce basiche dell’Ivrea Verbano e le rocce vulcaniche e plutoniche della Serie dei Laghi indicano che probabilmente il magmatismo granitico e vulcanico, fu coevo, e forse indotto, dall’intrusione di magmi basici nella crosta profonda. Nel complesso, tutte queste rocce ignee coeve sono dette "sistema magmatico del Sesia".

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Fig.1: Carta geologica semplificata della zona di Ivrea Verbano (secondo Zingg 1983). CMB = Linea tettonica Cossato-Mergozzo-Brissago; CL = Linea tettonica di Cremosina. Sono riportate inoltre le isograde relative alla scomparsa della muscovite (mus out) e alla comparsa del ortopirosseno (opx in). Immagine tratta da Virtual Explorer.



La zona di Ivrea Verbano è costituita da rocce plutoniche e rocce di alta pressione e temperatura che sono giustapposte alle rocce del dominio Austro-alpino dalla Linea Insubrica. A sudest la zona di Ivrea Verbano è delimitata dalle rocce granitiche e dalle rocce metamorfiche in facies anfibolitica della Serie dei Laghi (detta anche zona Strona-Ceneri). Secondo numerosi autori, nel complesso, la zona di Ivrea Verbano, e la zona della Serie dei laghi, rappresentano rispettivamente porzioni di crosta profonda e intermedia. Secondo molti autori, la zona di Ivrea Verbano, rappresenta una porzione di crosta profonda, tiltata, deformata e successivamente esumata, da numerosi eventi tettonici, iniziati nel Giurassico, con l’apertura della Tetide, e culminati con la collisione Alpina. Storicamente, le rocce della zona dell’Ivrea Verbano sono state suddivise in tre unità principali: Peridotiti di mantello, Complesso mafico, Formazione kinzigitica.

Peridotiti di mantello: i principali corpi peridotitici dell’Ivrea Verbano sono, da sud a nord, Baldissero, Balmuccia a Finero (Fig.1). Questi corpi sono allineati lungo il margine nordoccidentale del Complesso Mafico.

Complesso Mafico: Il complesso Mafico è un vasto corpo igneo costituito prevalentemente da rocce gabbriche con subordinate rocce dioritiche, tonalitiche, charnockitiche e cumulati ultramafici. Il complesso Mafico è noto fin dai lavori pioneristici di Artini e Melzi (1900), che descrissero tali rocce come granuliti mafiche. Rivalenti et al. (1975) fu il primo a riconoscere che il complesso Mafico costituisce un unico corpo igneo, e lo suddivise in: Zona Basale, Zona Intermedia, Zona Sommitale, Main Gabbro e Zona Dioritica. La Zona Basale e quella Intermedia sono costituite da un’alternanza di rocce ultramafiche e mafiche (gabbri). La Zona Sommitale è costituita da gabbri e anortositi con rari livelli ultramafici. La zona del Main Gabbro è costituita da noriti a orneblenda. A grande scala, la struttura interna del Complesso Mafico (Fig.2), è caratterizzata da un andamento arcuato, centrato sul paese di Varallo, e definito da foliazioni magmatiche e layering composizionale. Le rocce granitiche e dioritiche non tagliano le rocce gabbriche, e presentano spesso contatti concordanti con esse. Si hanno poi numerose porzioni di paragneiss (paragneiss septa), derivanti dalla formazione kinzigitica, con andamento arcuato, che segue la struttura generale del Complesso Mafico.

Formazione Kinzigitica: La Formazione Kinzigitica è costituita da paragneiss in facies anfibolitico-granulitica, derivanti da protoliti pelitici, carbonatici e vulcanici. Le rocca in facies anfibolitica affiorano nella zona sudorientale della zona di Ivrea mentre quelle in facies granulitica nella zona nordovest.

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Fig.2: Carta geologica del complesso mafico di Ivrea Verbano. Immagine tratta da Virtual Explorer.



Il complesso di Finero

Il complesso di Finero si estende per 12 km in lunghezza e 1 km in larghezza tra le valli di Vigezzo e Cannobina (Fig.3). Ha una struttura antiforme, con un nucleo costituito da peridotiti mantelliche, circondate da rocce plutoniche stratificate. Il complesso è delimitato a nord dalla Linea Insubrica e a nord ovest dalla Formazione Kinzigitica. Il complesso di Finero è costituito, dal centro verso l’esterno, da:

Peridotiti ad anfibolo e flogopite: Le rocce peridotitiche affiorano al nucleo del complesso e formano un corpo che si estende per circa 10 km in lunghezza e 1 km in larghezza. Le principali litologie sono costituite da harzburgiti ad anfibolo e harzburgiti a flogopite, spesso associate a rocce dunitiche e livelli cromititici. Si hanno inoltre dicchi pirossenitici e porzioni pegmatitiche alcaline che attraversano l’intero complesso. Le harzburgiti a flogopite sono costituite da 60-90% di olivina, 5-20% di ortopirosseno, 0-5% di anfibolo, 0-5% di spinello e fino al 15% di flogopite. Le peridotiti ad anfibolo invece sono costituite da varie litologie come peridotiti cumulitiche (duniti, wherliti e subordinate lherzoliti), pirosseniti e orneblenditi. Chimicamente le peridotiti di Finero risultano estremamente diverse da quelle degli altri corpi peridotitici della zona di Ivrea-Verbano; esse mostrano forti arricchimenti in elementi incompatibili, soprattutto in K, Rb, Ba (LILE), Sr e LREE.

Layered Internal Zone (Zona Interna Stratificata): La zona interna stratificata ha uno spessore di circa 70-120 m ed è l’unità stratigraficamente più bassa. Lungo il fiume Cannobbio questa unità è costituita da orneblenditi a granato, gabbri ad anfibolo e granato, anortositi, pirosseniti e peridotiti. In prossimità del contatto con le peridotiti ad anfibolo la quantità di granato tende ad aumentare fino a circa il 30%. Il contatto è graduale ed è caratterizzato da un aumento dei livelli peridotitici e da una diminuzione dei livelli gabbrici.

External Gabbro (Gabbro esterno): L’unità del gabbro esterno ha uno spessore di circa 400-500 m ed è costituita prevalentemente da gabbri e dioriti, con quantità minori di pirosseniti e livelli anortositici. Il contatto con le peridotite ad anfibolo e spesso di tipo tettonico, e la dove è magmatico, è marcato da un’alternanza di livelli peridotitici, orneblenditici e gabbrici, con spessore variabile da 20 cm a 1m.

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Fig.1: Carta geologica del complesso di Finero. Immagine modificat da Grieco, G., et al (2001).



Le petrologia, e l’origine del complesso di Finero non sono del tutto chiare, soprattutto per un fatto molto importante. Le peridotiti che affiorano nel nucleo del complesso infatti, presentano caratteristiche geochimiche e petrografiche molto peculiari, indicative di intensi processi metasomatici. Il metasomatismo mantellico è un fenomeno che avviene in numerosi ambienti tettonici, ed è un processo molto importante per studiare e comprendere l’evoluzione mantellica. Lo studio di tali fenomeni è generalmente limitato allo studio degli xenoliti, in quanto evidenze di processi metasomatici "in situ" sono più unici che rari. Il complesso di Finero rappresenta, a livello mondiale, un laboratorio naturale unico nel suo genere per studiare questi processi.

Secondo molti autori, il complesso di Finero, rappresenta uno straordinario esempio di mantello superficiale fortemente metasomatizzato. Zanetti et al., 1999 dallo studio approfondito delle rocce del complesso, ha proposto che il complesso di Finero si sia originato dal metasomatismo ad opera di fluidi generati da uno slab in subduzione. In accordo con l’ipotesi di Zanetti et al., 1999 tali fluidi si sarebbero infiltrati nel cuneo mantellico, e a causa dell’alta temperatura delle rocce mantelliche, a contatto con lo slab, questi fluidi si sarebbero riscaldati durante la risalita favorendo una loro più ampia e pervasiva infiltrazione all’interno delle rocce del mantello.

Se la temperatura dei fluidi è più alta della temperatura di fusione parziale del mantello peridotitico, allora i fluidi tenderanno a riequilibrarsi con le peridotiti, producendo un sistema composto da peridotiti residuali e fuso silicatico. Durante il successivo raffreddamento, il fuso silicatico raffredda, producendo le sequenze di minerali osservate nelle varie rocce del complesso. In questo contesto, le pirosseniti, non rappresentano le zone di passaggio dei fluidi metasomatici, ma le zone a maggior concentrazione di fuso silicatico in equilibrio con le peridotiti. Se invece la temperatura dei fluidi metasomatici, è minore di quelle delle rocce peridotiche, i fluidi tenderanno a reagire con le rocce circostanti, producendo abbondante ortopirosseno e altre fasi di reazione. Questa situazione, molto comune in numerosi xenoliti mantellici, non è però applicabile al complesso di Finero.

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Harzburgiti di Finero: Olivina (verde oliva), Cr-diopside (verde smeraldo) e flogopite (marrone).



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Harzburgiti di Finero: Olivina (verde oliva), Cr-diopside (verde smeraldo) e flogopite (marrone).



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Harzburgiti di Finero: Olivina (verde oliva), Cr-diopside (verde smeraldo) e flogopite (marrone).



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Vena di Cr-diopside (verde intenso) nelle harzburgiti di Finero.



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Harzburgite alterata con evidenti cristalli di Cr-diopside.





Bibliografia



Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da:
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Foto
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Cristalli di olivina (incolori) e flogopite (marrone chiaro). Harzburgite di Finero, Ivrea Verbano. Immagine a N//, 1x (lato lungo = 9mm)
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