Scisto Blu

Gli scisti blu sono rocce metamorfiche che si formano per metamorfismo reginale, in condizioni di alta pressione e bassa temperatura, in zone di subduzione caratterizzate da bassi gradienti geotermici (4-14°C km-1), ad una profondità di circa 30-60 Km (Fig.1). Gli scisti blu sono caratterizzati dalla presenza di glaucofane (che gli conferisce il tipico colore blu), lawsonite, aragonite, jadeite e deerite.

La prima descrizione degli scisti blu si deve al geologo svizzero Horace Bénédict de Saussure, che nel 1792 osservò delle rocce a glaucofane nella zona di Saint-Marcel, in Valle d’Aosta (Godard, 2001). Circa 50 anni dopo la prima descrizione da parte di Saussure, furono scoperti affioramenti di scisti blu anche in Grecia, da parte del geologo tedesco Hofrath Hausmann, che coniò il termine “glaucofane”. Successivamente a queste prime scoperte, furono sistematicamente rinvenute rocce a glaucofane in numerose parti del mondo (Grecia, Nuova Caledonia, Italia, Francia, Giappone, Indonesia, America).

Nei primi anni del XX secolo, Victor Moritz Goldschmidt e Pentti Eskola, introdussero il concetto di "equilibrio chimico", per relazionare determinate paragenesi di minerali alla composizione chimica del protolite di partenza. Eskola fu il primo che si rese conto che rocce diverse possono contenere associazioni mineralogiche simili, e questo lo portò a sviluppare il concetto di "facies metamorfica" (Eskola, 1920, 1922). In base alle associazioni mineralogiche di protoliti mafici, Eskola propose numerose "facies metamorfiche", ognuna delle quali caratterizzata da un preciso range di temperatura e pressione. Eskola fu inoltre il primo a proporre una particolare facies metamorfica, che chiamò “facies degli scisti a glaucofane”, per descrivere rocce scistose contenenti abbondante glaucofane. Tuttavia, il significato genetico tettonico di tali rocce non era del tutto chiaro. Solo nel 1962, grazie ai lavori di E. Bailey, il concetto di "facies degli scisti blu" fu definitivamente introdotto nella terminologia geologica.

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Fig.1: Rappresentazione schematica di una zona di subduzione in cui sono riportate le principali facies metamorfiche. Immagine tratta da Stern (2002).



Facies degli scisti blu

La facies degli scisti blu (Fig.2), è caratterizzata da alte pressioni (P > 0.6 Gpa) e basse temperature (< 500 °C). A basse pressioni la facies degli scisti blu è delimitata dalla facies delle zeoliti, da quella a phrenite-pumpellyite e da quella degli scisti verdi, mentre ad alte temperature è delimitata dalla facies delle anfiboliti, infine è delimitata da quella eclogitica ad alte temperature ed alte pressioni. All’aumentare della temperatura, il glaucofane diviene instabile e si decompone in clorite, la lawsonite si decompone in epidoto, e si ha la reazione tra glaucofane lawsonite a formare actinolite; queste reazioni determinano il passaggio alla facies degli scisti verdi. All’aumentare della pressione invece, il glaucofane reagisce con l’albite a formare onfacite, e questo determina la transizione alla facies delle eclogiti.

A seconda del tipo di protolite si possono avere numerose associazioni di minerali stabili alla condizioni termo-bariche tipiche della facies degli scisti blu. Le associazioni mineralogiche stabili, in funzione del protolite, sono:

Protolite mafico (basalti, andesiti, gabbri, dioriti): Anfiboli alcalini (generalmente glaucofane), lawsonite, epidoto, jadeite, fengite, clorite, granato, quarzo.
Protolite ultramafico (peridotiti, serpentiniti): Serpentino, miche, talco, epidoto.
Protolite pelitico (argille, mudstone): Anfiboli alcalini, lawsonite, epidoto, jadeite, carfolite, cloritoide, talco, muscovite, clorite, granato, albite, aragonite, quarzo.
Protolite calcareo (calcari, dolomia, marne): Aragonite-calcite, dolomite, muscovite.
Protolite quarzo-feldspatico (arenarie, graniti, rioliti, selci): Jadeite, lawsonite, muscovite, clorite, cianite, granato, aragonite, feldspati, quarzo.



Fig.2: Diagramma P-T delle facies metamorfiche. P-P = facies Prehnite-Pumpellyite.



Classificazione degli scisti blu

Maruyama et al. (1996) hanno riesaminato più di 250 zone metamorfiche di alta pressione e bassa temperatura, e in base al tipo di protoliti, e alle caratteristiche geodinamiche, le hanno suddivise in due gruppi, detti "tipo A" e "tipo B". I protoliti degli scisti blu di "tipo A" sono relazionati a margini di tipo passivo, e comprendono carbonati di piattaforma, associazioni vulcaniche bimodali e sedimenti peralluminosi, mentre i protoliti degli scisti blu di "tipo B" sono relazionati invece a margini attivi, e comprendono basalti, carbonati di piattaforma e grovacche. In base a tale classificazione, il 20% di tutte le zone metamorfiche di alta pressione e bassa temperatura, appartiene al tipo A, il restante al tipo B (Maruyama et al., 1996).

Scisti blu del Tipo A: La maggior parte degli scisti blu del tipo A affiora nelle catene montuose dell’Europa, incluse le zone di HP-UHP (alta pressione-ultra alta pressione) delle Alpi, della Grecia e dell’Himalaya (Fig.3). Le rocce peridotitiche associate agli scisti blu del tipo A sono generalmente peridotiti a granato.
Scisti blu del Tipo B: Gli scisti blu del tipo B affiora nelle catene montuose circumpacifiche, e nelle zone orogeniche dell’Asia centrale (Fig.3). Le peridotiti associate agli scisti blu del tipo B sono generalmente peridotiti serpentinizzate o peridotiti a plagioclasio e spinello.



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Fig.3: Distribuzione spaziale degli scisti blu. Immagine modificata da Maruyama et al. (1996).



Scisti blu e magmatismo

Gli scisti blu contengono grandi quantità di minerali idrati. Il glaucofane contiene fino a circa il 2.5 wt% di H2O mentre la lawsonite fino all’11.5 wt% Schmidt and Poli, 1998. All’aumentare della pressione e della temperatura con la profondità, gli scisti blu divengono instabili e si ha la transizione alla facies delle eclogiti. Questa transizione è marcata da numerose reazioni di disidratazione. Tradizionalmente si suppone che i fluidi derivanti dalla placca in subduzione, risalgano nel cuneo mantellico causandone il metasomatismo e, favorendo successivamente la fusione parziale delle rocce peridotiche, con conseguente sviluppo di magmatismo d’arco (Peacock, 1993). Tuttavia, negli anni, numerosi studi hanno evidenziato che il magmatismo è influenzato prevalentemente dalle caratteristiche termiche della zona di subduzione.

Nelle zone di subduzione caratterizzate da alti gradienti geotermici le reazioni di disidratazione avvengono a profondità relativamente basse (50-60 km), in zone con gradienti intermedi a circa 60-80 km e infine in zone di subduzione con bassi gradienti geotermici queste reazioni avvengono ad una profondità di 80-100 km. Il magmatismo di arco che caratterizza molte zone di subduzione, può essere relazionato in maniera diretta ai fluidi liberati dalla transizione scisti blu-eclogiti, solo in quelle zone di subduzione con alti gradienti geotermici. Nelle altre zone di subduzione i fluidi liberati dalla transizione scisti blu-eclogiti non causano direttamente il magmatismo, ma determinano una forte idratazione del mantello (Zheng et al., 2016; Zheng, 2019). Il mantello idratato potrà fondere, e causare magmatismo, solo se il regime termico del cuneo mantellico cambia come ad esempio a seguito del roll-back della placca in subduzione o di una rottura della placca stessa (slab break-off).

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Scisti blu. Formazione Franciscan, California, USA. Immagine tratta da From Reddit.



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Scisti blu con granato (rosso). Jenner, California, Usa. Immagine tratta da Speaking metamorphically.



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Cristalli di lawsonite in uno scisto blu. Syros, Grecia. Immagine tratta da Graeme Churchard.



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Cristalli di lawsonite in uno scisto blu. Immagine tratta da Nigel Harris.



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Scisti blu con granato. Isola di Tinos, Grecia. Immagine tratta da Virtual microscope.



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Metagabbro in facies degli scisti blu, con vene di pirosseno jadeitico (verde pallido) e pirosseno magmatico con bordo di glaucofane (blu-nero). Alpi occidentali, Fracia. Immagine tratta da High P.



Bibliografia



Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da:
• Bucher, K., & Grapes, R. (2011). Petrogenesis of metamorphic rocks. Springer Science & Business Media.
• Fossen, H. (2016). Structural geology. Cambridge University Press.
• Howie, R. A., Zussman, J., & Deer, W. (1992). An introduction to the rock-forming minerals (p. 696). Longman.
• Li, J. (2020). Blueschist: A window into high-pressure/low-temperature metamorphism and subduction zone dynamics. Science China Earth Sciences, 1-16.
• Passchier, Cees W., Trouw, Rudolph A. J: Microtectonics (2005).
• Philpotts, A., & Ague, J. (2009). Principles of igneous and metamorphic petrology. Cambridge University Press.
• Shelley, D. (1993). Igneous and metamorphic rocks under the microscope: classification, textures, microstructures and mineral preferred-orientations.
• Vernon, R. H. & Clarke, G. L. (2008): Principles of Metamorphic Petrology. Cambridge University Press.
• Vernon, R. H. (2018). A practical guide to rock microstructure. Cambridge university press.


Foto
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Relitto di clinopirosseno bordato da glaucofane, clorite e titanite. Immagine a 10x, N// (lato lungo = 2mm)
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Cristalli di glaucofane, epidoti (giallo pallido) e granato alterato in uno Scisto blu. Jenner, California, USA. Immagine a N//, 1x (lato lungo= 9mm)
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Cristalli di glaucofane, epidoti e granato alterato in uno Scisto blu. Jenner, California, USA. Immagine a NX, 1x (lato lungo= 9mm)
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Cristalli di glaucofane ed epidoti in uno Scisto blu. Jenner, California, USA. Immagine a NX, 2x (lato lungo= 7mm)